Il Catalogo Generale di Fabio Mauri sarà prossimamente accessibile su questo sito.
Curato da Carolyn Christov-Bakargiev, esperta dell'opera dell'artista e Presidente del nostro Comitato Scientifico, il Catalogo Generale si compone delle immagini e schede di oltre 3600 opere ed è accompagnato, oltre che dal saggio introduttivo del curatore del volume, anche da nuovi saggi dei componenti del nostro Comitato Scientifico – Laura Cherubini, Francesca Alfano Miglietti e Andrea Viliani, nonché da un'intervista inedita di Hans Ulrich Obrist e da testimonianze di altri autori.
In maniera sperimentale, il Catalogo Generale apparirà prima in versione digitale e successivamente in forma cartacea per i tipi della casa editrice Hatje Cantz, Berlino, e di Società Editrice Allemandi, Torino.

Affinché si possa completare la ricerca, invitiamo tutti coloro che non l’abbiano già fatto a segnalare al più presto le loro opere all’indirizzo info@fabiomauri.com.


Premessa

Santiago Mauri



Nella doppia veste di presidente dello Studio Fabio Mauri – Associazione per l’Arte L’Esperimento del Mondo e nipote dell’artista sono felice di introdurre questo catalogo ragionato, punto d’arrivo di un percorso durato, verrebbe da dire, almeno un secolo. Ricordo che nel 1994, alla grande retrospettiva della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, Fabio si presentò con un’autobiografia dal titolo Preistoria come storia nella quale intrecciava le storie dei nostri antenati alle ragioni delle sue opere: un testo brillante in cui convivevano Josephine Baker, Buffalo Bill, Mussolini, Pirandello e Mickey Mouse. Quasi che il tempo della sua “preistoria” fosse la miniera segreta di quell’inesauribile vena artistica, quasi che la sua vita, le sue “opere e azioni” fossero espressioni di un tempo storico iniziato ben prima di lui.

Pochi anni dopo, all’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici, nell’installazione Quadreria, Fabio rendeva di nuovo omaggio alla propria storia familiare esponendo, in quello che era stato lo studio del bisnonno Roberto Bompiani, il divano di famiglia. Una targa in ferro, appoggiata allo schienale, riportava i nomi di tutte le personalità che vi si erano accomodate: una lunga lista che da Gabriele D’Annunzio ad Andy Warhol tracciava lo skyline della storia culturale del Novecento italiano, mentre una scritta al muro introduceva l’opera con la frase “Non ero nuovo”, sottolineando ancora una volta quella linea di continuità.

Quando Fabio ci lasciò nel 2009, andando a infoltire le fila di quei personaggi illustri, fu mio padre Achille, suo fratello minore, a occuparsi di non interrompere quella memoria. Con la morte di Achille nel 2023 si è spenta la generazione dei fratelli dell’artista, siamo noi nipoti a raccogliere l’onere e l’onore di tramandare la profondità della sua opera coscienti che non si tratta di un affare privato ma di un’operazione culturale di respiro storico e internazionale.


Mi ha sempre colpito la visione di Fabio al contempo radicata nella storia e in anticipo sui tempi. Ogni volta che entrando in casa di mio padre Achille vedevo appeso al muro del salotto l’opera Sinatra, mi domandavo come nel 1964 si potesse concepire uno schermo verticale delle stesse proporzioni di un iPhone. Una suggestione, certo, eppure nessun altro artista alla fine degli anni cinquanta aveva elaborato così lucidamente l’impatto che gli schermi avrebbero avuto all’interno della società globale di comunicazione, che è la nostra.

La vicinanza di Fabio a intellettuali come Pier Paolo Pasolini, Umberto Eco, Italo Calvino, Alberto Moravia, Cesare Zavattini con i quali intesseva rapporti di amicizia e collaborazione negli anni in cui dirigeva la sede romana della casa editrice dell’amato “zio Val” Bompiani, lo poneva in prima linea all’interno del dibattito culturale più all’avanguardia del periodo. Una vivacità di pensiero e un susseguirsi frenetico di idee che a mala pena riusciva ad appuntare sui suoi diari, ancora conservati nell’archivio di Roma. Ho pensato tutto è il titolo di un libro d’artista in copia unica realizzato nel 1972 in cui Fabio ammetteva una precocità che non riusciva a depositarsi in tempi storiograficamente utili, sempre teso alla ricerca piuttosto che a capitalizzarne il risultato.

Una precocità e uno spessore intellettuale che, anziché avvantaggiarlo, troppo spesso gli diedero del filo da torcere nel mondo dell’arte. Così visionario e “diversamente pop” negli schermi e nelle installazioni degli anni sessanta quanto scomodo e graffiante nell’affrontare il tema dell’ideologia, della manipolazione, della memoria. Anche in questo caso, fu uno dei primi in Italia a portare il grande rimosso degli anni del boom – il Nazi-fascismo – al centro del dibattito artistico. Lo fece ri-attraversando con coraggio il trauma personale vissuto negli anni della guerra: gli amici persi, i corpi violati e sfruttati nei campi di concentramento, la paura dei bombardamenti, la fame, gli ospedali psichiatrici, le visioni mistiche, Dio, il Male, l’Apocalisse. Non solo ricordi, ma memorie fisiche ancora impresse nel corpo che, forse proprio per questo, rappresentò attraverso azioni che, ancora una volta, gli valsero il titolo di pioniere della performance in Italia: Che cosa è il fascismo, Ebrea, Ideologia e natura sono ormai a buona ragione divenute “repertorio classico” della performance italiana.

Un’altra cosa mi ha sempre colpito: anche quando era ormai un conclamato “Maestro”, Fabio non ha smesso di sperimentare. Introduceva costantemente nelle sue opere nuovi linguaggi e forme espressive mantenendo forte la coerenza dei suoi temi. Nella grande installazione all’Hangar Bicocca a Milano nel 2007 dove la ricerca sulle proiezioni – iniziata negli anni settanta con le pellicole 16 mm – si riproponeva in versione digitale creando un ambiente immersivo e tecnologico, un mondo futuribile e distopico popolato da proiezioni, luci, suoni e la magnifica performance di Luigi Lo Cascio che declamava l’Apocalisse di San Giovanni.

Da diversi anni, allora, Fabio aveva uno studio in cui lavorava insieme a un gruppo di assistenti, giovani artisti, ed ex-studenti dell’Accademia dell’Aquila con cui dialogava e imparava a sua volta, sempre teso alla ricerca di nuove forme, idee, costumi sociali. Significativamente aveva intitolato la sua associazione “L’esperimento del mondo”. Grazie all’aiuto dei suoi assistenti Fabio lavorò fino all’ultimo giorno di vita mentre preparava la sua installazione per la tredicesima edizione di documenta a Kassel, spegnendosi a pochi giorni dall’inaugurazione della sua ultima mostra che, significativamente, intitolò “Etc.”

Fabio Mauri,  The end, 2009. Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, collezione permanente.

Mio padre, Achille, non era solo il fratello minore di Fabio, ma anche un suo grande compagno di vita. Fin dagli anni sessanta l’aveva seguito nelle mostre, è stato – come amava ripetere – il suo primo collezionista, editore e amico sempre presente nei momenti difficili, fino alla fine. Alla morte di Fabio, Achille fu il perno intorno a cui la grande famiglia di Fabio restò unita e sua fu la volontà di continuare a guardare avanti, prendendo alla lettera il suo “Etc.”. Lo fece, tra le altre cose, con l’aiuto di quello stesso gruppo di assistenti – Marcella, Claudio, Ivan, Dora e Sandro – che per anni avevano affiancato Fabio nel lavoro di studio. Achille creò anche il comitato scientifico di cui fanno oggi parte Carolyn Christov-Bakargiev, in qualità di presidente, Francesca Alfano Miglietti, Caroline Bourgeois, Laura Cherubini e Andrea Viliani. Lo studio diventò un archivio e un estate preposto ad amministrarne la legacy, un punto di riferimento importante per la ricerca e la promozione dell’artista. Si iniziò il grande lavoro pluriennale di catalogazione, archiviazione e monitoraggio delle opere, di ricerca e ricostruzione dei lavori meno noti, di conservazione e divulgazione delle sue idee. Un lavoro quotidiano e meticoloso con l’obiettivo di tramandare, nella maniera più fedele possibile, l’opera di Fabio dai testimoni alla Storia.

Questo catalogo ragionato è il frutto del lavoro di anni passati a strutturare una memoria comune, organizzata, scientifica, dialettica. Achille affidò a Carolyn Christov-Bakargiev, grande professionista e compagna di viaggio di Fabio – che fu la curatrice della retrospettiva alla Galleria Nazionale di Roma nonché dell’Accademia di Francia-Villa Medici – la cura scientifica di questo ambizioso progetto che finalmente vede la luce; verrebbe da dire la “fine” eppure, come ci insegna Fabio, siamo invece arrivati solo all’eccetera. Consapevoli che il lavoro di ricerca e cartografia non si esaurisce mai e che la Storia è tutt’altro che immobile, abbiamo deciso di pubblicare questo catalogo in prima battuta online come strumento propedeutico e complementare alla versione cartacea in via di pubblicazione nel 2026, anno del centenario della nascita di Fabio. Proveniamo da una famiglia di grandi editori e, nonostante ci sia stato tramandato il culto della carta stampata, riconosciamo le grandi possibilità del digitale nel restituire la multiformità dell’opera di un artista che così spesso si è avvalso di immagini in movimento, suoni, corpi e azioni.

Confidiamo che questo catalogo possa essere un punto di riferimento importante per la comunità scientifica, per i musei, le istituzioni, gli appassionati e tutti i collezionisti che si sono o vorranno avvicinarsi all’opera di Mauri consolidandone la presenza nel panorama internazionale. A tal proposito, desidero ringraziare la Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura per aver sostenuto la pubblicazione cartacea del catalogo nell’ambito del programma Italian Council (14a edizione, 2025), volto alla promozione dell’arte contemporanea italiana nel mondo, nonché il direttore Lorenzo Balbi e il MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna del Settore Musei Civici del Comune di Bologna per aver promosso quest’iniziativa che verrà data alle stampe per i tipi di Allemandi e Hatje Cantz.

Ringrazio per tutto il lavoro svolto la curatrice Carolyn Christov-Bakargiev e Sara Codutti, responsabile per il catalogo del coordinamento e della ricerca, il comitato scientifico, lo Studio Mauri e tutti coloro che, come noi, non hanno mai smesso di vedere la grandezza dell’opera e della persona di Fabio.